sopravvissuto
Questo 16 maggio avrei dovuto inaugurare la mia personale a Milano.
Nei mesi e giorni precedenti a quella data, sarei stato preso da finitura pezzi, allestimento, comunicazione, catalogo, la preparazione di un discorso, telefonate con Irene Biolchini che avrebbe curato la mostra e Luigi Codemo che è il direttore della GASC in Villa Clerici, il luogo che avrebbe ospitato la mostra.
Man mano che si avvicinava la data dell’ipotetica inaugurazione, lo sconforto ha spesso bussato alla mia porta. Era un evento che ho costruito nell’arco di un anno e avrebbe portato il progetto “Live Vest Under Your Seat” nella città che non ha visto i miei natali ma che mi ha visto diventare un uomo.
La notte a cavallo tra giovedì 14 e venerdì 15 un temporale violentissimo ha colpito Milano e un metro e mezzo d’acqua ha invaso il mio studio/laboratorio sommergendo ogni cosa. Se chiudo gli occhi riesco a costruire l’immagine dell’acqua che si insidia, lentamente e che toglie la gravità alla metà inferiore di quello spazio, facendo galleggiare tutto quello che avevo lasciato immobile. Al mattino, quando ho aperto la porta, lo scenario era come quando il mare si ritira e porta alla luce dei reperti che, in quel caso non conservavano nessun fascino, ma narravano di un disastro accaduto mentre io coprivo il mio volto con le coperte come quando, da bambino, i temporali mi terrorizzavano.
Le uniche cose che si sono salvate dall’acqua sono tutti i pezzi nuovi alla quale stavo lavorando.
Quelli in argilla, secchi, erano riposti sul ripiano più alto della scaffalatura per evitare di romperli e quelli in gesso, erano sui tavoli da lavoro. La cosa che ho trovato straordinaria è che l’acqua è arrivata al livello dei tavoli ma i pezzi li avevo lasciati su dei torni da tavolo, perché erano in fase di decorazione e quindi 5cm più in alto dal livello dell’acqua.
In questo ricordare non ho intenzione di sottolineare tutta una serie di “segni” che mi hanno portato a riconsiderare quel senso di sconforto che sovente veniva a farmi visita, incurante delle restrizioni e prepotente nel sentirsi un affetto stabile ma rifletto su quei 5 cm che hanno fatto la differenza e che in qualche modo, sotto diverse vesti, hanno sempre caratterizzato la mia esistenza, facendomi sentire un sopravvissuto. Ed è proprio da lì che attingo, ogni volta, per narrare nuovi scenari perché io quella parola la divido ogni volta e la leggo come chi ha vissuto sopra e non come chi è scampato ad un disastro.